Il costruttore del fabbricato è esente dalle spese condominiali!

La clausola di esonero dagli oneri comuni non è vessatoria. Il chiarimento della Cassazione:
Il condominio non può farsi scudo della normativa a tutela dei consumatori per reagire alle contestazioni sollevate dall'impresa costruttrice che sia ancora proprietaria di una o più unità immobiliari e che sia in mora nei pagamenti. Infatti, l'eventuale disposizione contenuta nel regolamento condominiale contrattuale nella quale il costruttore abbia previsto l'esonero dal pagamento degli oneri comuni per gli appartamenti invenduti non può essere sindacata dal punto di vista della violazione della disciplina del Codice del consumo in materia di clausole vessatorie.

Quest'ultima può essere eventualmente invocata soltanto laddove il contenzioso riguardi l'impresa e il condomino acquirente dell'unità immobiliare. Questo il chiarimento pervenuto dalla sesta sezione civile della Corte di cassazione con la recente ordinanza n. 20007 del 21 giugno 2022. La questione della validità delle clausole regolamentari che esonerano il costruttore dell'edificio condominiale dal pagamento delle spese rimane quindi sempre d'attualità, probabilmente perché risulta sempre alquanto indigesta ai condomini.

Il caso concreto: Un amministratore condominiale, dopo aver sollecitato più volte il pagamento delle spese comuni all'impresa costruttrice dell'edificio e ancora proprietaria di alcune unità immobiliari, aveva richiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo, che era però stato fatto oggetto di opposizione. Il costruttore, infatti, sosteneva la legittimità del mancato pagamento, essendo detta esenzione espressamente prevista dal regolamento dal medesimo stilato e approvato dai condomini acquirenti con espresso richiamo nei rispettivi rogiti. Il tribunale aveva però respinto l'opposizione. A parere del giudice, infatti, dovendo qualificarsi gli altri condomini quali consumatori, la clausola in questione era da considerarsi vessatoria, tenuto conto dello squilibrio in tal modo generato e reso evidente dal fatto che l'esonero era integrale e senza previsione di un termine massimo. Anche la Corte di appello aveva fatto propria questa argomentazione, confermando la sentenza di primo grado e concludendo per la validità della delibera assembleare che aveva posto le spese a carico dell'impresa costruttrice, sulla base dei millesimi di proprietà attribuiti alle unità immobiliari invendute.


La validità delle clausole regolamentari di esonero del costruttore dal pagamento delle spese condominiali. La giurisprudenza di legittimità si è espressa più volte a favore della validità delle clausole regolamentari di esonero del costruttore dal pagamento delle spese condominiali. Una volta appurata la natura cosiddetta contrattuale del regolamento, le clausole che dispongono in materia di riparto delle spese, anche in difformità da quanto previsto dall'art. 1123 c.c., sono valide e vincolanti per tutti i condomini. In questi casi deve quindi ritenersi legittima la deroga al criterio di ripartizione per quote millesimali (ognuno paga in base al valore attribuito alle unità immobiliari delle quali è proprietario) stabilito dalla legge, anche ove si arrivi all'eccesso di esonerare completamente uno dei condomini dal relativo onere e nonostante quanto previsto dall'art. 1118 c.c. (Cass. civ., sez. II, 4 agosto 2016, n. 16321; Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2003, n. 641).

La clausola regolamentare che esoneri il costruttore dal pagamento delle spese condominiali può a sua volta essere modificata soltanto con l'unanimità, ovvero con il consenso di tutti i condomini, ivi compreso il beneficiario di tale esenzione. In caso contrario, la delibera adottata a semplice maggioranza, per quanto qualificata, è irrimediabilmente nulla, perché contraria alla volontà unanime a suo tempo espressa nel regolamento condominiale che, dovendosi qualificare come un contratto, può essere modificato solo con il consenso di tutte le parti che ne hanno preso parte. I criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall'art. 1123 c.c., possono essere infatti derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale (che perciò si definisce di natura contrattuale), ovvero in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità, ovvero con il consenso di tutti i partecipanti alla compagine condominiale. Come indicato dalla Cassazione nella decisione n. 16321/2016, in ambito condominiale non opera nulla di simile al disposto di cui all'art. 2265 c.c. (cosiddetto divieto del patto leonino), trovando questa norma la sua ragion d'essere nella posizione che un socio assume nell'ambito societario e nella necessità che lo stesso partecipi al rischio patrimoniale d'impresa, ovvero nell'essenziale scopo lucrativo che viene perseguito tramite un'attività imprenditoriale, scopo del tutto estraneo alla situazione di mero godimento di beni comuni, tipica del condominio di edifici.


Clausole regolamentari e vessatorietà ex art. 33 del Codice del consumo. Come chiarito dalla Suprema corte con la ordinanza n. 20007/2022, la validità della clausola regolamentare che esoneri il costruttore dal pagamento delle spese condominiali non può essere messa in dubbio nemmeno mediante il richiamo alla disciplina delle clausole vessatorie di cui al Codice del consumo, quanto meno nel rapporto tra condominio e impresa costruttrice. Il contenzioso approdato nelle aule di Piazza Cavour, lo si ricorda, era relativo alla pretesa impositiva del condominio nei confronti dell'impresa costruttrice condomina per il mancato pagamento delle spese comuni. L'art. 33 del Codice del consumo, invocato dai giudici di merito a sostegno dell'invalidità della predetta clausola regolamentare, prevede invero la vessatorietà delle clausole del contratto concluso tra il consumatore e il professionista che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo di squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Ma in questi casi si tratta, evidentemente, del contratto che intercorre tra il professionista costruttore del fabbricato e il consumatore acquirente di una delle unità immobiliari in esso compreso.

È vero che la più recente giurisprudenza ha individuato anche nel condominio un soggetto consumatore, ai sensi e per gli effetti della menzionata disciplina, ma non si può confondere il rapporto tra quest'ultimo e il condomino moroso nel pagamento delle spese condominiali con quello tra il costruttore-venditore e l'acquirente dell'unità immobiliare.

Quindi, a tutto concedere, legittimato a opporre l'eccezione della vessatorietà di una simile clausola regolamentare può essere soltanto il condomino-acquirente, a condizione che la stessa abbia determinato a suo carico un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto di compravendita e che dunque abbia inciso sulla prestazione traslativa del bene, che si estende alle parti comuni, dovuta dall'alienante, o sull'obbligo di pagamento del prezzo gravante sull'acquirente, restando di regola estraneo al programma negoziale sinallagmatico della vendita del singolo appartamento l'obbligo del venditore di contribuire alle spese per le parti comuni in proporzione al valore delle restanti unità immobiliari che tuttora gli appartengano. da ItaliaOggi.it

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